Da pochi giorni siamo arrivati in Good Samaritan Mission (GSM). Quest’anno con me ci sono Astrid, una nuova volontaria, e Dora, rappresentante del Gruppo Aleimar, associazione di Melzo che è stata tra le prime a sostenere l’opera di Peter Paul Raj a Mumbai.


L’impatto con Vikhroli, area metropolitana in cui ha sede la GSM, è più disorientante del solito. Il quartiere, che potremmo ormai definire una città nella città, è cresciuto ancora, soprattutto in altezza (vedi qui). I nuovi edifici di 40 piani adesso fanno ombra su quelli di 25, che già avevano modificato la skyline e ridotto l’esposizione al sole delle piccole abitazioni monofamiliari. Gli slums, che fino a qualche anno fa occupavano la quasi totalità della superficie, attraversati da anguste viuzze e separati in agglomerati da poche arterie trafficate e colorate da banchi frutta, chioschi e modesti negozietti, adesso appaiono come scarabocchi confusi nella prepotente verticalità della città che sale. È un conflitto estetico che attraversa l’occhio per arrivare al cervello. La sensazione di trovarsi di fronte a un cantiere in perenne evoluzione, ma che ha come unico scopo quello di modificare per sempre topografia e profilo sociale di Vikhroli, si trasforma in certezza dopo mezza giornata di osservazione e le prime spese al mercato rionale.
I ragazzi che vivono in missione, e poi Sangeeta, che da anni è una delle colonne della GSM, ci spiegano come la trasformazione voluta dal governo e finanziata da grandi corporazioni stia facendo selezione. Intere famiglie negli ultimi anni si sono spostate; il costo della vita, a cominciare dalle spese minute, sta diventando insostenibile. Crescono così altre aree slum più periferiche, per azione della pressione esercitata dal nuovo cemento che occupa quasi interamente il cuore di Vikhroli. Una riqualificazione che squalifica ancora una volta i più poveri, ridotti a spettatori del “miracolo indiano”, esclusi da beni e servizi non accessibili se non in rari casi.
La GSM sarà nuovamente interessata dalla trasformazione in corso, poiché dopo l’abbattimento della storica Mother House, quest’anno sarà il turno della Bal Niwas, casa che ad oggi ospita 13 bambini e gestita da Payel e Anand, cresciuti in missione e coniugi da un decennio. La casa, che qualche anno fa volevamo ristrutturare dalle fondamenta, come la Silvano Niwas nel 2018, è stata solo parzialmente sottoposta a pochi lavori di mantenimento, dato che ad aprile i suoi ospiti dovranno lasciare l’edificio: arriveranno le ruspe e l’intero isolato verrà demolito, nel giro di due anni sorgerà un nuovo palazzo di 30 piani.
Alle missione verranno garantiti 4 appartamenti del primo piano, similmente a quanto accadde dopo la perdita della Mother House. I bambini troveranno temporanea sistemazione presso le altre strutture della GSM: qualcuno a Vikhroli, i più grandi nella casa di Kalyan, nell’estrema periferia a nord-est, a circa un’ora di strada.
Alessandro Leone