I dati che arrivano dall’India sono drammatici. La chiamano terza ondata, ma è ormai evidente come la crisi pandemica possa confonderci e che forse i numeri non sempre rendono l’idea del propagarsi del virus e, soprattutto, delle sue mutazioni, nonché dell’incidenza sulla popolazione. La terza decade di aprile si apre con un record giornaliero di quasi 300.000 contagi rilevati e più di 2.000 morti. Numeri. Come quelli che ossessivamente vengono recitati da più di un anno dai notiziari nazionali, fino a perdere di senso. Eppure i numeri sono ormai la misura della gravità della crisi sanitaria nel mondo, gli stessi che sembravano aver dato ragione al primo ministro Narendra Modi durante la prima fase della pandemia, quando la propaganda politica aveva dipinto una situazione tutto sommato sotto controllo, sbandierando l’efficacia di ferrei lockdown che nel frattempo mietevano morte nelle fasce sociali più fragili, a seguito della mancanza di lavoro.
Adesso le grandi metropoli, a cominciare da New Delhi, si trovano senza posti letto disponibili e a corto di ossigeno. Addirittura si è sviluppato un mercato nero dei farmaci Remdesivir e Tocilizumab, segnalati dal ministero della Salute come efficaci nel trattamento degli ammalati.
Anche Mumbai è al collasso. Le file di famiglie con ammalati fuori dai presidi ospedalieri stanno facendo il giro del mondo. I crematori soffrono per l’eccesso di cadaveri. Ovviamente i numeri non tengono conto delle tante persone che muoiono in casa, come fu comunque già nella precedenti fasi della pandemia, motivo per cui è difficile capire ad oggi quante vittime abbia davvero fatto il Covid in India. I comunicati stampa raccontano di scaramucce tra gli Stati della Confederazione per accaparrarsi l’ossigeno.
Non va meglio sul fronte vaccini, difficile rispondere alle richieste di una popolazione numerosissima. A Mumbai era stata ventilata anche la possibilità della vaccinazione porta a porta, adesso esclusa dal momento che rallenterebbe il processo di somministrazione che prevede un monitoraggio del beneficiario fino a trenta minuti dopo l’iniezione.
Peter Paul Raj ci ha raccontato una situazione prossima al crollo; della mancanza di cibo tra le strade popolate dai più poveri tra i poveri che soffrono ovviamente il lockdown e il blocco delle attività lavorative, rendendo impossibile racimolare anche solo poche rupie per poter sopravvivere.
A Vikhroli la situazione rimane drammatica. Il quartiere dove ha sede la Good Samaritan Mission resta uno dei luoghi più colpiti della capitale del Maharashtra. Fortunatamente in missione i bambini stanno bene, negli ultimi giorni di scuola permane la modalità in DAD, anche gli esami di fine anno sono condotti per la prima volta a distanza. Essere confinati in casa è meno penoso per gli ospiti della GSM, poiché la vita comunitaria rende l’isolamento meno noioso.
Peter Paul non ha smesso di portare cibo alle persone senza tetto che vivono intorno ai principali snodi ferroviari. Questo è reso possibile anche per gli aiuti dei tanti donatori italiani.
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